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09/04/2014 Accesso a procedimenti disciplinari dei dipendenti comunali (2)

Il Comune di ... ha ricevuto richiesta da un consigliere comunale di ottenere copia di tutta la documentazione riguardante la sospensione disciplinare cautelare di un dirigente del Comune nei confronti del quale è stato avviato un procedimento penale.

L’accesso agli stessi atti eÌ€ stato chiesto anche da un altro consigliere, che ha delegato un cittadino terzo alla consultazione e al ritiro dei documenti.

L’amministrazione riporta di ritenere corretto, al fine di tutelare la riservatezza del dirigente, delimitare la richiesta di accesso tramite il rispetto della fase procedimentale soggetta alla tutela della riservatezza, e differire quindi l’ostensione alla conclusione del procedimento.

Chiede il Comune il parere di questa Commissione sul proprio orientamento, e inoltre se sia possibile concedere l’accesso nella forma della sola presa visione, escludendo l’estrazione di copia, e se sia lecito delegare l’esercizio dell’accesso a un terzo.

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Parere reso nella seduta del 9 aprile 2014

Il parere è nel senso che segue.

Consolidata giurisprudenza ha chiarito che i Consiglieri comunali godono di un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d'utilità all'espletamento del loro mandato: ciò al fine di poter valutare, con piena cognizione, la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio e per promuovere, anche nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale. Il diritto di accesso loro riconosciuto ha infatti una ratio diversa da quella che contraddistingue il diritto di accesso ai documenti amministrativi riconosciuto alla generalità dei cittadini (ex articolo 10 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267), ovvero a chiunque sia portatore di un "interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso" (ex art. 22 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241): esso è strettamente funzionale all'esercizio del mandato, alla verifica e al controllo del comportamento degli organi istituzionali decisionali dell'ente locale, ai fini della tutela degli interessi pubblici, ed è peculiare espressione del principio democratico dell'autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività.

Posto che l’accesso del Consigliere non può essere soggetto ad alcun onere motivazionale, giacché diversamente opinando sarebbe introdotto una sorta di controllo dell'ente, attraverso i propri uffici, sull'esercizio del mandato del consigliere comunale, e che il termine "utili", contenuto nell'articolo 43 del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, garantisce l'estensione di tale diritto di accesso a qualsiasi atto ravvisato utile per l'esercizio del mandato (cfr. C.d.S. n.6963/2010) senza che alcuna limitazione possa derivare dall’eventuale natura riservata delle informazioni richieste, essendo il consigliere vincolato al segreto d'ufficio (fra gli altri C.d.S., sez. V, 4 maggio 2004, n. 2716, Tar Trentino Alto Adige, Trento, Sez.I, 7 maggio 2009, n.143) si ritiene che gli unici limiti all'esercizio del diritto di accesso dei consiglieri comunali si rinvengano, per un verso, nel fatto che esso non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative (fermo restando che la sussistenza di tali caratteri necessita di attento e approfondito vaglio, al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazione al diritto stesso), nonché, per altro verso, nel fatto che esso debba avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali.

Tanto premesso, è necessario stabilire se è legittimo, in tale quadro, il differimento operato dall’Amministrazione, e il parere di questa Commissione è orientato a un sostanziale consenso alla prudenziale posposizione opposta dal Comune a tutela della riservatezza. Pur la richiamata e amplissima previsione normativa, difatti, non travolge le diverse ipotesi di cautele previste dall’ordinamento e finalizzate a tutelare interessi specifici, diversi da quello riconducibile, secondo l’impostazione più tradizionale, alla mera protezione dell’esercizio della funzione amministrativa, e connesse, nel caso di specie, alla contemporanea fase istruttoria di un procedimento disciplinare, e all’avviamento di un giudizio penale.

In tali eventualità i documenti, seppur detenuti dall’amministrazione, non sono suscettibili di divulgazione, perché il principio di trasparenza cede, quantomeno sul piano temporale, a fronte dell’esigenza di salvaguardare l’interesse protetto da speciali normative di segretezza, o della necessità di tutelare, in fase di iniziale chiarificazione, la riservatezza del controinteressato (cfr. CdS sez. V sent. n. 1893/2001).

Per quanto riguarda poi la possibilità di concedere ai consiglieri comunali ostensione degli atti nella forma della sola visione, essa, a opinione di questa Commissione, non è praticabile: seppure la normativa di cui alla legge 241/90, ad autorevole parere del Supremo giudice amministrativo, non può essere lo strumento normativo impiegato per disciplinare le fattispecie in trattazione nel TUEL, proprio la diversa e più ampia portata di tale ultima legge renderebbe illogico ipotizzare la possibilità di consentire ai consiglieri comunali un accesso solo rivolto alla visione degli atti (e quindi affievolito nei modi), nel momento in cui, a seguito della novella della legge 15/2005, tale cautela è risultata obsoleta anche nei casi d’accesso partecipativo e informativo previsti dalla disciplina generale della materia.

Circa infine la possibilità, da parte del consigliere, di delegare un cittadino terzo al materiale esperimento dell’acquisizione documentale, essa non è ammissibile. Il diritto di controllo del consigliere sull’attività amministrativa dell’ente locale radica infatti il proprio vastissimo raggio d’azione nel munus connaturato alla funzione svolta, e ad esso è inscindibilmente connesso: non può considerarsi tale potestà quale privilegio in disponibilità di utilizzo funzionalmente immotivata, ma sempre e solo quale strumento fornito dall’ordinamento per l’esplicazione della propria singolare - e personale - qualità esponenziale della comunità civica; né sarebbe poi possibile consentire a tale delega in quanto solo il consigliere, e non il terzo, è sottoposto all’obbligo del segreto d’ufficio, posto dalla legge stessa a contemperamento del diritto d’accesso nei casi di contatto con dati riservati, della cui illegittima diffusione egli stesso è responsabile.

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