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18/10/2023 Il diritto all'informativa e il diritto di accesso ai dati personali
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Con provvedimento n. 403/2023, reso noto lo scorso 10 ottobre, il Garante ha deciso un reclamo che era stato presentato, nel 2020, da alcuni dipendenti nei confronti del loro datore di lavoro, titolare del servizio di lettura dei contatori di gas, luce e acqua.

I dipendenti hanno esercitato il diritto di accedere, ai sensi dell’ art. 15 del GDPR, ai dati sulla geolocalizzazione e, in particolare, ai dati delle specifiche rilevazioni/coordinate geografiche effettuate con il GPS dello smartphone fornito dal datore di lavoro.

Decidendo il reclamo e accertando la violazione del diritto di accesso, il Garante:

  • ha ingiunto al datore di lavoro di soddisfare le richieste di accesso, fornendo ai lavoratori i dati relativi alle specifiche rilevazioni/coordinate geografiche effettuate con il GPS dello smartphone e tutte le informazioni ricollegate a tale trattamento;
  • ha richiesto al datore di lavoro di comunicare le iniziative di attuazione a quanto disposto con l'ingiunzione e di fornire comunque riscontro adeguatamente documentato, entro il termine di 90 giorni dalla data di notifica del provvedimento (art. 157 del Codice);
  • ha infine disposto l’applicazione, al datore di lavoro, di una sanzione amministrativa pecuniaria, ai sensi dell’art. 83 del Regolamento, commisurata alle circostanze del caso concreto di 20.000,00 euro (art. 58, par. 2, lett. i) Regolamento.

Dati sulla geolocalizzazione e dati personali

Il datore di lavoro, in qualità di titolare, ha trattato i dati relativi alla geolocalizzazione degli smartphone forniti ai lavoratori per lo svolgimento della prestazione lavorativa e, quindi, ha trattato i dati dei lavoratori: in particolare, la posizione geografica degli stessi nel momento della prestazione lavorativa per la quale era stata attivata la geolocalizzazione. Non c’è dubbio, infatti, che dalla geolocalizzazione degli smartphone in uso ai lavoratori è derivata, indirettamente, la geolocalizzazione dei lavoratori stessi. Il trattamento dei dati delle specifiche rilevazioni/coordinate geografiche effettuate con il GPS dello smartphone fornito dal datore di lavoro si sostanzia in un trattamento di dati personali dei lavoratori e, in particolare, dei dati della posizione geografica.

Al riguardo, rilevano:

  • la definizione di “dato personale” che coincide con “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile («interessato»), fermo restando che si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all'ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale” (art. 4, n. 1 del Regolamento).
  • la definizione di “trattamento” che coincide con “qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute con o senza l'ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali o insiemi di dati personali, come la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la strutturazione, la conservazione, l'adattamento o la modifica, l'estrazione, la consultazione, l'uso, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l'interconnessione, la limitazione, la cancellazione o la distruzione” (art. 4, n. 2, del Regolamento).

Il diritto di accedere ai dati e l’effettiva soddisfazione di tale diritto mediante consegna di copia dei dati richiesti

Fermo restando che il datore di lavoro ha trattato i dati della posizione geografica dei lavoratori, il diritto dei lavoratori medesimi, in qualità di interessati, di accedere ai dati, ai sensi dell’articolo 15 GDPR, consiste nel diritto di:

  • ottenere dal titolare del trattamento la conferma che sia o meno in corso un trattamento di dati personali che lo riguardano;
  • di ottenere, in caso di conferma, l'accesso ai dati personali e alle informazioni indicate nell’articolo 15 medesimo, mediante acquisizione di copia dei dati medesimi.

Il titolare del trattamento è obbligato a fornire una copia dei dati personali oggetto di trattamento e, in caso di ulteriori copie richieste dall'interessato, il titolare del trattamento può addebitare un contributo spese ragionevole basato sui costi amministrativi. Se l'interessato presenta la richiesta mediante mezzi elettronici, e salvo indicazione diversa dell'interessato, le informazioni sono fornite in un formato elettronico di uso comune.

La violazione del diritto di accedere ai dati nel caso di consegna di dati non adeguati a soddisfare la richiesta dell’interessato

Nel caso in esame, il titolare del trattamento, datore di lavoro, non ha fornito copia dei dati relativi alle specifiche rilevazioni/coordinate geografiche effettuate con il GPS dello smartphone e non ha fornito neppure copia di tutte le informazioni ricollegate al trattamento e richieste dai lavoratori.

In particolare, il datore di lavoro non ha fornito adeguato riscontro alle istanze di accesso, chiare e analitiche, dei dipendenti che, al fine di verificare la correttezza della propria busta paga, avevano chiesto di conoscere i dati e le informazioni raccolti attraverso il sistema di geolocalizzazione installato sullo smartphone fornito dal datore di lavoro agli operatori.

L’accesso ai dati e alle informazioni della geolocalizzazione era stato, infatti, richiesto dai lavoratori in quanto tali dati e informazioni erano stati utilizzati dal datore di lavoro per elaborare e quantificare:

- i rimborsi chilometrici;

- la retribuzione mensile oraria.

L’accesso veniva richiesto anche:

- alla procedura utilizzata dal datore di lavoro per calcolare il compenso dovuto.

Se non chè il datore di lavoro non ha comunicato ai lavoratori i dati trattati attraverso il GPS e neppure le informazioni relative alla procedura, limitandosi ad indicare soltanto:

  • le modalità e gli scopi per i quali venivano trattati.

In particolare il datore di lavoro ha trasmesso:

  • le Informative ex art. 13 GDPR debitamente sottoscritte dai lavoratori;
  • il Regolamento relativo al trattamento ed alle norme di sicurezza da osservare nell’impiego degli strumenti elettronici e non;
  • le Dichiarazioni di consenso al trattamento debitamente sottoscritte;
  • l’Indicazione dei dati utilizzati, con il relativo periodo di conservazione, nonché dei criteri atti a giustificarne l’utilizzo;
  • l’Indicazione del responsabile del trattamento dei dati personali.

In tale modo, tuttavia, il datore di lavoro non ha fornito quanto richiesto attraverso le istanze di accesso in modo completo ed esaustivo e, dall’altro lato, i documenti forniti ai lavoratori non hanno consentito di acquisire le informazioni richieste, pur essendo le istanze chiare e dettagliate. Infatti, il datore di lavoro, nei limiti dei dati conservati, avrebbe dovuto fornire ai lavoratori i dati relativi alle specifiche rilevazioni/coordinate geografiche effettuate con il gps dello smartphone. Ciò ha comportato la violazione dell’art. 12, par. 3 del Regolamento, il quale dispone che:

  • il titolare del trattamento è tenuto a fornire all’interessato, che esercita uno dei diritti riconosciuti dal Regolamento, le informazioni richieste dallo stesso.

Differenza tra diritto all’informativa e diritto di accesso ai dati personali: orientamento del Garante e dell’EDPB

In proposito, il Garante ha rammentato che: “il diritto riconosciuto all’interessato di accedere ai propri dati oggetto di trattamento nonché alle informazioni previste dall’art. 15 del Regolamento, in applicazione dei principi di trasparenza e correttezza (art. 5, par. 1, lett. a) del Regolamento), non può ritenersi soddisfatto attraverso il mero rinvio a quanto contenuto nell’informativa sul trattamento dei dati di cui agli artt. 13 e 14 del Regolamento, senza alcun riferimento al trattamento effettuato nel concreto. Il diritto di accesso e il diritto di ricevere la c.d. informativa, seppur correlati, sono, infatti, diritti differenti, sanciti da distinte disposizioni dell’ordinamento, rispondenti ad esigenze di tutela e garanzia dell’interessato non completamente sovrapponibili”.

In pratica:

  • il titolare, per riscontrare l’istanza di accesso, deve “adattare” quanto indicato in termini necessariamente generali nell’informativa o nel registro dei trattamenti alla specifica condizione dell’interessato, con riferimento alle concrete operazioni di trattamento effettuate nei confronti del richiedente.

Anche le Guidelines 01/2022 on data subject rights – Right of access, EDPB del 28 marzo 2023 stabiliscono che“nel contesto della comunicazione delle informazioni di cui all'articolo 15, tutte le informazioni sul trattamento di cui dispone il titolare del trattamento devono pertanto essere aggiornate e adattate alle operazioni di trattamento effettivamente svolte nei confronti dell'interessato che presenta la richiesta. Pertanto, il rinvio all’informativa privacy generale (privacy policy) non sarebbe un mezzo sufficiente per consentire al titolare del trattamento di fornire le informazioni di cui all'articolo 15, paragrafo 1, lettere a) -h), e (2), a meno che le informazioni "su misura e aggiornate" non coincidano con le informazioni fornite all’inizio del trattamento”.

Differenza tra diritto all’informativa e diritto di accesso ai dati personali: orientamento della Corte di Giustizia

Infine va dato conto, in materia, dell’orientamento della Corte di Giustizia dell’Unione europea (sentenza CGUE del 22 giugno 2023, C-579/21) in base al quale, testualmente:

  • il diritto di accesso ai sensi dell’art. 15 del Regolamento è caratterizzato dall’ampia portata delle informazioni che il titolare del trattamento dei dati deve fornire all’interessato;
  • l’art. 15, paragrafo 1, del Rgpd costituisce una delle disposizioni volte a garantire la trasparenza delle modalità di trattamento dei dati personali nei confronti dell’interessato;
  • il diritto di una persona di accedere ai propri dati personali e alle altre informazioni menzionate all’articolo 15, paragrafo 1, di detto regolamento ha lo scopo, anzitutto, di consentire a tale persona di essere consapevole del trattamento e di verificarne la liceità;
  • tale diritto di accesso è necessario affinché l’interessato possa esercitare, se del caso, il suo diritto di rettifica, il suo diritto alla cancellazione (“diritto all’oblio”) e il suo diritto di limitazione di trattamento, diritti questi che gli sono riconosciuti, rispettivamente, dagli articoli da 16 a 18 del RGPD, il suo diritto di opposizione al trattamento dei suoi dati personali, previsto dall’art. 21 del RGPD, nonché il suo diritto di agire in giudizio nel caso in cui subisca un danno, previsto dagli articoli 79 e 82 del RGPD;
  • l’articolo 15, paragrafo 1, del GDPR costituisce una delle disposizioni volte a garantire che le modalità attraverso le quali i dati personali sono trattati siano trasparenti per l’interessato.

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