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09/10/2024 Inconferibile l'incarico di Presidente di consorzio di servizi al Sindaco della medesima zona
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Il parere ANAC, reso noto il 4 ottobre 2024, in merito alla sussistenza o meno dell’ipotesi di inconferibilità, ex art. 7 del d.lgs. n. 39/2013, nel caso in cui il Sindaco di un Comune appartenente ad un Consorzio di servizi venga nominato anche Presidente del Consorzio medesimo, insediato nel proprio contesto territoriale, ha chiarito che:

  • l’incarico di Presidente del CdA di un Consorzio costituito ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL) e ai sensi delle norme previste per le aziende speciali di cui all'art. 114 del suddetto d.lgs. n. 267/2000, in quanto compatibili, tra diversi Comuni "quale strumento di organizzazione dei soggetti associati, dotato di personalità giuridica ed autonomia gestionale”, sia in ragione dei poteri ad esso connessi che alla luce di quelli attribuiti al CdA nel suo complesso, appare riconducibile tra quelli di amministratore di ente pubblico ai sensi dell’art. 1, co. 2, lett. l), del d.lgs. n. 39/2013;
  • il Sindaco di un Comune facente parte del Consorzio non può essere, allo stesso tempo, Presidente del CDA e avere funzioni gestionali ai sensi dell’art. 7, comma 2, lett. c) del d.Lgs. n. 39/2013.

Ai fini del rilascio del parere sopra citato, il Presidente dell’ANAC ha esaminato molteplici elementi relativi al caso concreto, tra cui:

  • lo Statuto;
  • le attribuzioni del Consiglio di Amministrazione;
  • i poteri del Presidente;
  • le attribuzioni del Direttore;
  • la giurisprudenza amministrativa e, in particolare, la sentenza n. 126 del 2018 del Consiglio di Stato, che ha posto l’accento, ai fini applicativi del d.lgs. n. 39, sulla rilevanza dei poteri dell’organo esecutivo.

La conclusione secondo cui l’incarico in questione rientra tra quelli di amministratore di ente pubblico di cui all’art. 1, co. 2, lett. l) del d.lgs. n. 39/2013 è stata supportata, in questo specifico caso, dai princìpi di diritto che sono già stati enunciati dall’ANAC sia con la delibera n. 346 del 20.07.2022 (le cui motivazioni sono state condivise dal TAR Lazio con sentenza n. 13621 del 06.09.2023), sia con la delibera 463 del 11 ottobre 2023, nel quale l’Autorità ha chiarito che: “Nell’analisi della natura giuridica dell’incarico in questione occorre poi tenere altresì conto dei poteri attribuiti nel suo complesso al Consiglio di Amministrazione della società. Infatti, l’Autorità, al fine di valutare l’applicabilità delle fattispecie di cui al d.lgs. n. 39/2013 ed a seguito delle successive pronunce della giurisprudenza amministrativa (cfr., in particolare, sentenza n. 126 del 2018 del Consiglio di Stato, che ha posto l’accento, ai fini applicativi del d.lgs. n. 39, sulla rilevanza dei poteri dell’organo esecutivo), procede ad analizzare – con un approccio casistico – i poteri concretamente attribuiti al Presidente di un organo collegiale ovvero allo stesso organo collegiale presieduto, vagliandone la natura”.

In pratica, l’ANAC ha richiamato la fattispecie di cui all’art. 7, co. 2, lett. c), del d.lgs. n. 39/2013, che sancisce quanto segue:

A coloro che nei due anni precedenti siano stati componenti della giunta o del consiglio della provincia, del comune o della forma associativa tra comuni che conferisce l'incarico, ovvero a coloro che nell'anno precedente abbiano fatto parte della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione, nella stessa regione dell'amministrazione locale che conferisce l'incarico, nonché a coloro che siano stati presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte di province, comuni e loro forme associative della stessa regione, non possono essere conferiti – lettera c) – gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello provinciale o comunale”. Per completezza, si ricorda che «Le situazioni di inconferibilità previste nell’art. 7 del d.lgs. 39/2013, nei confronti di coloro che nell’anno o nei due anni precedenti hanno ricoperto le cariche politiche e gli incarichi ivi indicati, vanno equiparate, ai fini del d.lgs. 39/2013, a coloro che attualmente ricoprono tali ruoli» (orientamento n. 10/2015, la cui impostazione è stata anche ribadita nell’Atto di segnalazione a Governo e Parlamento n. 4/2015). Sul punto, si richiama anche la sentenza del Consiglio di Stato n. 126/2018, secondo cui «L'inconferibilità dell'incarico vale anche per chi, all'atto del conferimento, riveste una delle cariche elencate all'art. 7, comma 2, ostative al conferimento dell'incarico di amministrazione, e non solamente per chi abbia esaurito la stessa nell'anno precedente […]. Perciò non possono aspirare al conferimento dell'incarico quanti, al momento del conferimento, rivestono e hanno rivestito fino ad un anno o due anni prima la carica ostativa per la legge e viceversa possono aspirare quanti non rivestono più cariche rispettivamente da un anno o da due anni. Una diversa interpretazione, […] per la quale non possono aspirare all'incarico coloro il cui incarico sia esaurito nell'anno precedente al conferimento o nei due anni precedenti, e non coloro il cui incarico sia in corso di svolgimento, è irragionevole e foriera di disparità di trattamento senza giustificazione tra situazioni identiche, ed anzi, delle quali, quella di chi ancora riveste la carica ostativa assume maggior pregnanza in relazione alle finalità di prevenzione dei fenomeni corruttivi cui la legge è rivolta”.

Ciò premesso, l’Autorità ha esaminato il caso in esame utilizzando i presupposti c.d. “in provenienza” e “in destinazione”, quali:

a) in provenienza: essere o essere stato – nei due anni antecedenti (cd. “periodo di raffreddamento”) – componente della Giunta o del Consiglio del Comune che conferisce l’incarico oppure essere o essere stato – nell’anno precedente – componente della Giunta o del Consiglio di un Comune avente popolazione superiore a 15mila abitanti sito nella stessa Regione dell’amministrazione locale che conferisce l’incarico;

b) in destinazione: assumere l’incarico di amministratore di un ente pubblico di livello provinciale o comunale.

In merito al presupposto “in provenienza”, di cui alla lettera a), che l’ANAC ritiene integrato, va tenuto presente quanto segue:

L’Autorità ha sostenuto con l’orientamento n. 100 del 21.10.2014 (richiamato nella più recente delibera n. 463 dell’11 ottobre 2023) – per il profilo che qui rileva, relativo al meccanismo di nomina - che “sussiste l’ipotesi di inconferibilità di cui all’art. 7, comma 2, lett. d) del d.lgs. n. 39/2013, anche quando l’incarico di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico da parte di una provincia, di un comune con popolazione superiore a 15 mila abitanti o di una forma associativa tra comuni aventi la medesima popolazione, sia stato conferito non dall’amministrazione locale ma da un organo sociale del medesimo ente di diritto privato in controllo pubblico. Ciò in quanto opera un divieto generale legato alla provenienza da cariche politiche che mira a prevenire conflitti di interesse tra le posizioni del vigilante/controllore che poi diventa gestore”. Tale impostazione è stata confermata anche dalla giurisprudenza amministrativa (TAR Lecce n. 1160/2018 confermata dal Consiglio di Stato n. 299/2019), secondo cui tale norma “ha a fondamento la parziale coincidenza e sovrapponibilità del dato populativo e del dato territoriale dell’ente presso il quale il ricorrente ha rivestito incarico politico- amministrativo rispetto a quelli di riferimento e di operatività dell’ente di diritto privato a controllo pubblico al quale si riferisce l’incarico di amministratore unico, con conseguente applicabilità del più lungo “periodo di raffreddamento biennale”. (...) La ratio della norma è quella di evitare che gli incarichi siano attribuiti in occasione di un mandato politico, piuttosto che su criteri di merito e di professionalità L’interpretazione della norma in esame, infatti, deve tenere conto della relazione tra l’ente al quale si riferisce la nomina (ente che può essere formalmente pubblico o privato) e quello (necessariamente pubblico) nel quale l’eletto ha rivestito la carica politica. Tale orientamento interpretativo si ritiene applicabile anche qualora l’ente in destinazione sia un ente pubblico (come il Consorzio …), in quanto anche in tal caso si realizza una coincidenza tra l’ambito territoriale dell’ente nel quale il soggetto ricopre la carica politica in provenienza e quello nel quale l’ente di destinazione opera.

In merito al presupposto “in destinazione” di cui alla lettera b), che pure l’ANAC ritiene integrato, va tenuto presente quanto segue:

Sulla natura dei Consorzi costituiti ai sensi dell’art. 31 del TUEL è utile citare alcuni precedenti dell’Autorità. In particolare, con la delibera ANAC n. 160 del 10.12.2015 è stato indicato che: “Con riferimento ai consorzi costituiti ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. 267/2000, l’Autorità ha più volte evidenziato che gli stessi «sono riconducibili nella nozione di ente pubblico di cui all’art. 1, comma 2, lett. b) del d.lgs. 39/2013» (principio ribadito anche con la delibera n. 691/2019, Delibera 463/2023, Delibera n. 362/2023 e Orientamento n. 23 del 23 settembre 2015 e AG/35/2015/AC). Gli enti pubblici sono definiti dall’art. 1, co. 2, lett. b), del decreto n. 39 come “gli enti di diritto pubblico non territoriali nazionali, regionali o locali, comunque denominati, istituiti, vigilati, finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l'incarico, ovvero i cui amministratori siano da questa nominati”. Orbene, l’art. 1 dell’Atto costitutivo sancisce che il “Consorzio …" è costituito ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL) e ai sensi delle norme previste per le aziende speciali di cui all'art. 114 del suddetto d.lgs. n. 267/2000, in quanto compatibili, tra il Comune di … , il Comune di… e il Comune di o…“ "quale strumento di organizzazione dei soggetti associati, dotato di personalità giuridica ed autonomia gestionale”. Emerge quindi che il Consorzio è strumentale agli enti locali con l’obiettivo di garantire una efficiente ed efficace risposta ai molteplici bisogni delle comunità locali (art 3, comma 1, lettera g) dello Statuto. Pertanto, in base al relativo Statuto e ai precedenti citati, il Consorzio sembra qualificabile come un ente pubblico – apparentemente di livello provinciale o comunale, in quanto strumentale a tre diversi comuni siti nella Provincia di … – ai sensi dell’art. 1, co. 2, lett. b), del d.lgs. n. 39/2013. .

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