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31/12/2016 La videosorveglianza in ambito pubblico
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Garante - Relazione 2016

Di particolare rilievo nel 2016 il settore dei trattamenti effettuati per mezzo di sistemi di videosorveglianza sia in ambito scolastico che sanitario-assistenziale. Diversi fatti di cronaca hanno alimentato infatti un vivace dibattito pubblico circa la possibilità di installare sistemi di videosorveglianza all’interno di asili o case di cura, al precipuo fine di prevenire atti di violenza nei confronti di minori o anziani. La possibilità per gli asili e gli istituti di cura di utilizzare sistemi di videosorveglianza per tale scopo non è attualmente prevista e disciplinata dalla legge e, anche il provvedimento generale del Garante in materia (8 aprile 2010, doc. web n. 1712680), non prevede questa possibilità. Al dibattito pubblico si è affiancato anche quello politico con la presentazione, in Parlamento, di alcuni disegni di legge volti a prevedere la possibilità di attivazione di tali sistemi; in questo contesto, l’Autorità ha offerto al legislatore il proprio contributo nell’ambito di due distinte audizioni (cfr. par. 3.1. in merito alle audizioni del Presidente presso le Commissioni riunite I e XI della Camera dei deputati del 27 luglio 2016 e presso la XI Commissione lavoro e previdenza sociale del Senato della Repubblica del 22 novembre 2016 (doc. web nn. 5301830 e 5696272). In tale ultima audizione è stato sottolineato come “la liceità del fine perseguito non è di per sé sola sufficiente per legittimare l’uso generalizzato e continuativo di telecamere in strutture deputate alla relazione di cura e che ospitano soggetti la cui personalità, ancora in fieri, potrebbe essere segnata da esperienze di controllo sistematico (soprattutto i bambini potrebbero sviluppare una concezione “distorta” della propria libertà, considerando come appartenente alla “normalità” il fatto di essere sempre controllati)”. Proprio il carattere massivo di tali controlli, a prescindere da specifici indicatori di rischio e dal ricorso a mezzi meno invasivi, potrebbe risultare in contrasto con quel principio di proporzionalità centrale nel formante giurisprudenziale europeo in materia di protezione dati. È stato sottolineato infatti come l’invasività di tali forme di controllo – in un contesto, quale quello educativo, che più di ogni altro dovrebbe essere improntato a spontaneità e assenza di condizionamenti esterni – determini l’esigenza di uno scrutinio stringente sotto il profilo del rispetto dei princìpi di necessità e proporzionalità (cfr. in tal senso anche il parere 160/2009 del Gruppo Art. 29 sulla protezione dei dati personali dei minori, nonché il riscontro fornito dalla Commissione europea a un’interrogazione inerente il tema delle videocamere negli asili nido -P 6536- 2009- che, nel qualificare – in linea generale – come legittimo l’interesse perseguito, ha tuttavia ribadito l’importanza del rispetto dei princìpi di necessità e proporzionalità del trattamento). Ferma questa riserva di fondo, è stato altresì rappresentato che “l’ammissibilità dell’installazione delle telecamere soltanto in presenza di fattori di rischio specifici, previa individuazione dei soggetti deputati a valutarne la concreta sussistenza, potrebbe rendere la disciplina proposta più compatibile con il principio di proporzionalità e ragionevolezza cui deve attenersi ogni possibile bilanciamento tra diritti e libertà fondamentali”. Il tema dell’utilizzo di sistemi di videosorveglianza in ambito scolastico è stato trattato anche con riferimento alla possibilità di “autorizzare” l’installazione di webcam per consentire ai genitori dei bambini di una sezione della scuola dell’infanzia di collegarsi tramite smartphone per visualizzare le immagini dell’aula e la trasmissione in streaming, sul canale della scuola delle attività didattiche. La peculiarità del contesto educativo e la possibile interferenza che l’utilizzo dei sistemi prospettati avrebbe potuto determinare nella relazione che caratterizza il fisiologico rapporto educativo proprio dell’istituzione scolastica, unitamente alle maggiori cautele e garanzie che devono essere rispettate nel trattamento dei dati dei minori (individuate anche dal Gruppo Art. 29 nel citato parere), hanno fatto ritenere che un tale trattamento di dati personali si ponesse in contrasto con i princìpi di necessità e proporzionalità (v. sul punto anche provv. 8 maggio 2013, doc. web n. 2433401). Come già avvenuto negli ultimi anni, anche nel 2016, il Garante è stato più volte chiamato a esprimersi in ordine al trattamento di dati personali effettuato tramite sistemi di videosorveglianza in ambito pubblico. Tra i molteplici chiarimenti forniti, si segnalano quelli relativi alla liceità del dispositivo denominato “fototrappola” (predisposto per rilevare delle immagini solo al verificarsi di certe condizioni predefinite), al fine di contrastare il fenomeno dell’abbandono incontrollato di rifiuti urbani. Al riguardo, è stato evidenziato che, qualora non risulti possibile, o si riveli inefficace, il ricorso a strumenti e sistemi di controllo alternativi, l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza risulta lecito anche per accertare l’utilizzo abusivo di aree impiegate, come discariche di materiali e di sostanze pericolose e per monitorare il rispetto delle disposizioni concernenti modalità, tipologia ed orario di deposito dei rifiuti, la cui violazione è sanzionata amministrativamente (cfr. art. 13, l. 24 novembre 1981, n. 689 e punto 5.2, provv. 8 aprile 2010, doc. web n. 1712680). Sotto diverso profilo, invece, non risulta prevista dall’ordinamento vigente la possibilità di pubblicare le immagini, riprese attraverso i sistemi di videosorveglianza, di coloro che risultano aver violato le disposizioni sul conferimento di rifiuti. In diversi casi è stato evidenziato che, ove l’ente amministrativo ritenga utile, in un’ottica di sensibilizzazione, pubblicare online le immagini, delle persone che conferiscono in modo non conforme i rifiuti, rilevate dai predetti sistemi di videosorveglianza, è necessario considerare che il mero oscuramento del volto del soggetto interessato, in determinate circostanze e situazioni di contesto (ad es., sesso, conformazione fisica, fascia d’età, abbigliamento, strada ripresa, ecc.), potrebbe non rivelarsi uno strumento sufficiente a evitare il rischio di identificabilità degli interessati. In un altro ambito, la presenza di un cartello riportante l’indicazione “AttenzioneRilevazione automatica delle infrazioni con semaforo rosso” è stata ritenuta idonea a soddisfare, nello specifico contesto, il principio di trasparenza del trattamento dei dati previsto dall’art. 13 del Codice; ciò sulla base del principio, contenuto nel citato provvedimento generale in materia di videosorveglianza, in base al quale “l’obbligo di fornire tale informativa deve ritenersi soddisfatto anche quando il titolare del trattamento, pur mancando una previsione normativa che obblighi specificamente a segnalare la rilevazione automatizzata, la segnali comunque utilizzando avvisi analoghi a quelli previsti dal Codice della strada” (cfr. punto 5.3., provv. cit.). Non è mancata occasione di pronunciarsi, anche in ambito sanitario, sul monitoraggio dei pazienti effettuato tramite sistemi di videosorveglianza nei locali del pronto soccorso, per specifiche esigenze di cura e tutela della salute. In tal caso, è stato chiarito che il consenso degli interessati può considerarsi manifestato nell’ambito del consenso al trattamento, acquisito ai sensi degli artt. 26 e 75 del Codice, per fini di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione; ciò, a condizione che l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza sia stato espressamente indicato, tra le modalità del trattamento, nell’informativa resa all’interessato (fatte salve le ipotesi di emergenza e tutela della salute e dell’incolumità fisica prevista dall’art. 82 del Codice) (nota 2 gennaio 2016). È stata infine sottoposta al Garante una verifica preliminare circa il trattamento di dati personali effettuato, tramite un sistema di videosorveglianza cd. intelligente, da attivare presso gli accessi e le uscite di emergenza di un edificio che ospita la sede dell’amministrazione di un ente, per finalità di sicurezza e di tutela del patrimonio. Il sistema prospettato prevedeva l’attivazione delle telecamere in caso di “scavalco” dei tornelli collocati presso gli accessi e l’effrazione delle uscite di emergenza, rilevato da appositi sensori, alla quale seguiva la registrazione di un video dell’evento e la trasmissione di un segnale di allarme alla sala di controllo presente nell’edificio, presidiata 24 ore su 24 da personale specializzato e adeguatamente formato. Esaminate le caratteristiche del sistema, il Garante ha ritenuto proporzionato (e quindi ammissibile) il trattamento dei dati personali, anche in considerazione delle assicurazioni fornite dal titolare del trattamento in ordine all’assenza di finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori e degli accorgimenti adottati in relazione all’adozione delle misure di sicurezza, all’informativa agli interessati e alla conservazione delle immagini registrate (provv. 10 novembre 2016, n. 475, doc. web n. 5796716).

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