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31/12/2016 Discorso del Presidente 2016

Persona, diritti, innovazione.

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Desidero innanzi tutto esprimere un particolarissimo ringraziamento al Presidente della Repubblica, che oggi ci onora della sua presenza, per l’attenzione con cui costantemente guarda alla nostra attivita'.

Ringrazio anche la Presidente della Camera per le sue parole e per l’ospitalita', i rappresentanti del Governo e del Parlamento, tutti i presenti.

Signor Presidente della Repubblica, Signora Presidente della Camera, Autorita', Signore e Signori, l’8 maggio 1997 entrava in vigore nel nostro Paese la legge sulla tutela dei dati personali.

Nel corso di questi vent’anni quello che a qualcuno allora poteva apparire un istituto giuridico lontano dalla vita reale, ha invece influenzato, sempre piu', scelte individuali e pubbliche, dimostrandosi un concretissimo presidio di liberta' rispetto a forme di controllo tanto sottili quanto pervasive.

Da molti percepito in origine, riduttivamente, come mera rivendicazione dell’inviolabilita' della sfera privata, tale diritto ha dimostrato, nel corso del tempo, le sue molteplici potenzialita': la sua capacita' di difenderci da sempre nuove discriminazioni, di garantire la libera costruzione della personalita', la sovranita' su di se', sulla propria immagine e sul proprio corpo.

E questo anche per l’impegno profuso dai Componenti il Garante che ci hanno preceduto, ai quali va la nostra gratitudine.

Tutt’altro che presupposto di opacita' e difesa di privilegi, il diritto alla protezione dei dati si e' dimostrato un prezioso fattore di garanzia, capace di correggere quelle asimmetrie informative e disparita' di forza contrattuale che caratterizzano, sempre di piu', i rapporti tra i cittadini e i detentori del potere pubblico e privato.

E viene sempre piu' invocato di fronte a soverchianti “schiavitu' volontarie” cui rischiamo di rassegnarci, in cambio di utilita' e servizi digitali che paghiamo al prezzo di porzioni piccole o grandi della nostra liberta'.

In un’epoca che di fronte alla tecnica sembra smarrire ogni senso del limite, proprio questo diritto rappresenta la bussola per riportare la persona al centro di uno sviluppo tecnologico altrimenti distopico e dispotico, per misurare l’innovazione anche secondo i criteri della sostenibilita' sociale e dell’ammissibilita' etica, prima ancora che giuridica.

Nella sua prima relazione al Parlamento, Stefano Rodota' si chiedeva “... se tutto quel che e' tecnicamente possibile sia pure eticamente lecito, politicamente e socialmente accettabile, giuridicamente ammissibile”.

Sono trascorsi vent’anni e la stessa sfida per noi si rinnova ogni giorno. Da allora, certo, molto e' cambiato.

Internet e' divenuto il piu' grande e frequentato spazio pubblico che l’umanita' abbia conosciuto, la nuova dimensione in cui si svolge una parte rilevante della nostra vita.

Il processo di trasformazione digitale investe la maggior parte delle relazioni tra le persone e tra queste e le pubbliche amministrazioni e le imprese.

L'interconnessione di oggetti, sensori, dispositivi di uso quotidiano, alimenta il trattamento di grandi volumi di dati e favorisce applicazioni sempre piu' stupefacenti dell’intelligenza artificiale, destinate a cambiare in profondita' i processi economici e l'organizzazione sociale.

Una nuova categoria di tecnologie, che utilizza l'elaborazione del linguaggio naturale e dell'auto apprendimento, potra' consentire alle persone e alle macchine di interagire in modo piu' naturale, accrescendone competenze e capacita' cognitive.

La relazione tra mercato e diritti si gioca su questo terreno.

E nell’epoca della disintermediazione e delle post-verita', nuove sfide complicano ulteriormente la tenuta e il senso della democrazia.

Dopo l’11 settembre il rapporto tra liberta' e sicurezza si modula su equilibri ben diversi da quelli di vent’anni fa e in questi anni ci si e' addirittura chiesti, se la prima possa sopravvivere al terrorismo.

Ma la privacy e' nome della liberta' e le esperienze ci dicono che, fronte alle nuove minacce, essa sia non soltanto possibile, ma addirittura indispensabile per rendere le attivita' di contrasto piu' risolutive, perche' meno massive e quindi orientate su piu' congrui bersagli. Per far si' che nella lotta al terrorismo, siamo piu' efficaci, non meno liberi.

Il contesto in cui oggi ci muoviamo e in cui opera il Garante, quale unica Autorita' preordinata non gia' alla regolazione di uno specifico settore, ma alla tutela di un diritto fondamentale in qualsiasi ambito della vita e', dunque, assai diverso da quello in cui si inseriva il Garante al momento della sua istituzione.

Ma, nel differente contesto, quella della protezione dati e' ora - come e piu' di allora - la frontiera su cui si gioca una parte rilevante del nostro futuro.

Lo e' piu' di allora perche' oggi, assai piu' che vent’anni fa, non vi e' attivita' privata o pubblica che non si fondi su tecnologie alimentate da dati personali.

Le telecamere - che vent’anni fa iniziavano a diffondersi nelle nostre citta' - sono oggi non solo molto piu' numerose, ma anche piu' “intelligenti”: riconoscono le persone, classificano i comportamenti e reagiscono di conseguenza.

I processi di automazione del lavoro ne stanno determinando quasi una de-umanizzazione.

La progressiva sostituzione dei lavoratori - anche di quelli addetti alle funzioni piu' complesse - con le macchine, e' destinata ad avere conseguenze sociali rilevantissime.

Anche gli sforzi piu' encomiabili fatti in tale campo per presidiare con adeguate garanzie l’incessante evoluzione - si pensi ai tentativi dell’Unione europea di definire lo statuto giuridico dei robot - mostrano quanto il diritto fatichi a tenere il passo di queste trasformazioni e delle sfide che essi pongono, non solo in termini responsabilita'.

A breve - annunciano i ricercatori - nuove tecnologie consentiranno al cervello di scrivere e alla pelle di ascoltare, attraverso dispositivi indossabili.

L’intelligenza artificiale, dunque, viene spinta sino al punto di mutare la stessa funzione dei nostri organi.

La combinazione tra informatica e genetica ha consentito alla tecnologia di insinuarsi fin nelle pieghe piu' profonde delle nostre esistenze, riscrivendone codici, sovrapponendo biologia e biografia.

La progressiva mappatura dell’intero patrimonio genetico ha reso evidenti le potenzialita' straordinarie della medicina predittiva e di precisione, il cui sviluppo non puo' prescindere, tuttavia, da un’adeguata tutela delle informazioni personali sulle quali si basa.

Abbiamo approfondito il tema in occasione dell’ultima giornata europea.

E anche prescindendo dagli sviluppi futuri, il nostro processo gia' oggi non e' immune dalla tentazione della delega fideistica della giurisdizione alla scienza che, per quanto esatta, non conosce i parametri della responsabilita', della colpa e dell’equita'. La delega all’algoritmo persino della prognosi di recidiva penale, oggetto di recente controversia in alcuni stati americani, e' in tal senso significativa.

In un contesto di cosi' incessante cambiamento, garantire il diritto alla protezione dei dati personali vuol dire coniugare tecnologia e umanita', liberta' e sicurezza, trasparenza del pubblico e riservatezza del privato, informazione e dignita', iniziativa economica e autonomia individuale, scienza e liberta' dal determinismo.

La liberta' e i suoi nuovi confini.

E se oggi, piu' di vent’anni fa, la protezione dei dati e' condizione necessaria per la liberta' e la democrazia, e' anche e soprattutto perche' la nostra piu' effettiva dimensione di vita e', paradossalmente, quella digitale. Densa di straordinarie opportunita', ma anche di insidie.

Perche' i dati costituiscono la proiezione digitale delle nostre persone e insieme ne manifestano la vulnerabilita'.

Al web affidiamo dubbi, speranze e timori espressi non solo da commenti e immagini sui social network ma anche, piu' semplicemente, dalle tracce della nostra attivita' in rete.

Internet e' divenuto la nuova dimensione entro cui si svolge - per citare l’articolo 2 della Costituzione - la personalita' di ciascuno: e' la realta' in cui i diritti si esercitano o possono essere negati, le liberta' si dispiegano o sono violate.

L’assenza di limiti, propria della rete, ha offerto infinite potenzialita' di crescita e conoscenza, alle quali meno frequentemente si e' accompagnato un corrispondente esercizio di consapevolezza e responsabilita'. Se sul web la liberta' si esprime in ogni sua potenzialita' anche la violenza, specularmente, non conosce limiti.

Dalla violenza verbale da parte di chi, in rete, supera ogni freno inibitorio erroneamente confidando nell’anonimato, fino alle aberrazioni di Blue Whale e all’esibizione online di atti omicidi, in un crescendo di lucidissima follia.

Per altro verso, il passaggio all’Internet delle cose, che rende gli oggetti comuni strumenti di connessione interattiva, ha digitalizzato ogni aspetto della vita quotidiana, moltiplicando esponenzialmente il volume dei dati trattati non sempre con adeguate garanzie, come dimostrano i tanti attacchi dei quali sono vittime imprese e amministrazioni anche italiane.

La combinazione tra la tendenza, sempre piu' diffusa, alla condivisione e la centralita' dei Big Data per il sistema economico, costituisce il fondamento dell’economia digitale, basata sullo sfruttamento commerciale delle informazioni personali e sulla costruzione di modelli identitari omologati e omologanti, per condizionare scelte individuali e collettive.

L’identita' personale rischia cosi' di ridursi ad un profilo di consumatore, elettore, comunque utente che un algoritmo attribuisce a ciascuno, finendo per annullare l’unicita' della persona, il suo valore, la sua eccezionalita'. L’identita' personale diventa una cifra per Big Data.

La tutela della persona rispetto a queste forme di monitoraggio piu' o meno occulto del proprio comportamento in rete, e' dunque indefettibile garanzia di liberta'.

Del resto, se cio' che per ciascuno e' dato personale, intima essenza del se', diviene per i grandi monopolisti del web dato economico da sfruttare commercialmente, le implicazioni in termini antropologici, ma anche sociali e politici sono eloquenti.

E’ significativo che la legislazione europea in materia ruoti attorno alla figura del “data subject”: l’interessato e' definito a partire dai suoi dati, ne e' fonte ed allo stesso tempo ne ha la signoria, il cui esercizio rappresenta la vera e unica garanzia rispetto ai tanti “grandi fratelli” che governano la rete.

La concentrazione in capo a pochi soggetti privati di un rilevantissimo potere, non solo economico, ha infatti determinato un mutamento sostanziale nei rapporti tra individuo e Stato, tra pubblico e privato, cambiando profondamente la geografia del potere.

Un numero esiguo di aziende possiede un patrimonio di conoscenza gigantesco e dispone di tutti i mezzi per indirizzare la propria influenza verso ciascuno di noi, con la conseguenza che, un numero sempre piu' grande di persone - tendenzialmente l'umanita' intera - potra' subire condizionamenti decisivi.

Gli Over the Top sempre piu' spesso intervengono, in un regime prossimo all’autodichiarazione, per comporre istanze di rilevanza primaria, quali informazione e diritto all’oblio, liberta' di espressione, dignita' e tutela dalle discriminazioni, veridicita' delle notizie diffuse. E, ad un tempo, assumono un ruolo da protagonisti in campi anche molto lontani dalla loro vocazione originaria, dalla finanza alla genetica, dall’automazione alla realta' aumentata.

Parallelamente, l’intervento statale e' reso piu' complesso dalla capacita' delle nuove tecnologie di scardinarne i presupposti essenziali: in primo luogo la territorialita', quale criterio di competenza ed applicazione della legge.

Fonte: Garante - Discorso Presidente 2016

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