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31/12/2016 L'attivita' giudiziaria
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Garante - Relazione 2016

Con provvedimento del 28 luglio 2016 (n. 336, doc. web n. 5385167) l’Autorita' e' nuovamente intervenuta sulla delicata materia delle misure di sicurezza nelle attivita' di intercettazione da parte delle procure della Repubblica con specifico riferimento alle prescrizioni oggetto del provvedimento del 18 luglio 2013 (n. 356, doc. web n. 2551507) e ha ulteriormente differito al 31 gennaio 2017 il termine per l’adempimento delle misure di sicurezza non ancora adempiute, gia' prorogato con provvedimento del 25 giugno 2015 (n. 375, doc. web n. 4120817).

In particolare, il Garante ha accolto la richiesta di differimento del predetto termine del Ministero della giustizia sulla base della documentazione trasmessa dal Ministero stesso e degli approfondimenti svolti in seno ad un tavolo di lavoro interistituzionale, nonche' in considerazione delle prescrizioni impartite dall’Autorita' con il menzionato provvedimento del 2013.

E' proseguita in un clima di proficua collaborazione istituzionale l’attivita' di approfondimento con gli uffici della Corte di Cassazione e con il Segretariato generale della giustizia amministrativa sul delicato tema della pubblicazione delle sentenze nei siti web istituzionali delle autorita' giurisdizionali.

Nell’anno di riferimento, si registrano importanti pronunce della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato in ordine alla pubblicazione in sentenza dei dati sanitari. In particolare, la Suprema Corte (Cass. civ., sez. I, 20 maggio 2016, n. 10510), dichiarando illecita la diffusione delle generalita' del ricorrente tramite la pubblicazione nel sito della Corte dei Conti di una sentenza (della medesima Corte), indicante lo stato di salute e le invalidita' del ricorrente, ha osservato che “l’art. 22 Codice Privacy afferma il principio generale per cui i dati sensibilissimi, e specificamente quelli idonei a rivelare lo stato di salute, non possono essere diffusi. Tale indicazione, che non pare ammettere eccezioni, supera il punto di equilibrio indicato dall’art. 52, con riferimento ai provvedimenti giurisdizionali, tra gli interessi della persona alla privacy, di sicura rilevanza costituzionale, e quelli, altrettanto rilevanti, all’integrale pubblicazione dei provvedimenti giurisdizionali, a scopo di informativa giuridica”.

Anche il Consiglio di Stato, nel rendere il parere sullo schema di decreto legislativo recante modifiche e integrazioni al codice dell’amministrazione digitale (C.d.S., affare n. 430/2016), oltre ai casi di oscuramento obbligatorio dei dati contenuti nei provvedimenti giurisdizionali previsti dall’art. 52, ha ravvisato “l’oscuramento obbligatorio dei dati concernenti la salute, ai sensi dell’art. 22, comma 8 [...]”.

Da segnalare altresi' il riscontro fornito alla Camera arbitrale per i contratti pubblici, presso l’Anac, su un quesito che prospettava la pubblicazione, nel sito internet della stessa, del testo integrale dei lodi arbitrali depositati presso la Camera arbitrale (nota del Presidente 17 marzo 2016, doc. web n. 4965558). Al riguardo, considerato che le norme sulla protezione dei dati personali si applicano alle persone fisiche e non alle persone giuridiche (art. 4, comma 1, lett. i), del Codice), si e' lasciata impregiudicata ogni valutazione sull’eventuale rilievo di esigenze di riservatezza di queste ultime al di fuori dell’ambito di applicazione delle norme sulla protezione dati. La questione e' stata esaminata alla luce di due principi fondamentali espressi nell’art. 8 della Convenzione EDU, quello di legalita' e quello di proporzionalita', che impongono, rispettivamente, un’espressa previsione normativa che autorizzi l’ingerenza dell’autorita' pubblica nella sfera privata e un giudizio di bilanciamento fra interessi contrapposti laddove il diritto alla tutela della sfera privata si scontri con altri diritti parimenti tutelati, nonche' alla luce del diritto alla protezione dei dati personali, di cui all’art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In questa prospettiva, ricordato il recente orientamento della Suprema Corte, in base al quale l’attivita' degli arbitri rituali “ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario” (Cass. sez. un., ord. n. 24153 del 25 ottobre 2013), si e' osservato che tale funzione si svolge in forme per alcuni profili peculiari, poiche', ai sensi dell’art. 824-bis c.p.c., il lodo e' efficace dalla data della sua ultima sottoscrizione, senza che sia necessario il deposito in cancelleria, laddove, invece, “la sentenza del giudice esiste giuridicamente e tutti ne hanno scienza legale con la pubblicazione, a cura del cancelliere” (Cass. civ. sez. un., n. 13794 del 1 agosto 2012) che da' atto del deposito (art. 133 c.p.c.). Il deposito del lodo e', invece, richiesto per l’esecuzione dall’art. 825 c.p.c, che richiama il secondo comma del citato art. 133 sui modi con i quali la cancelleria da' notizia della sentenza alle parti costituite, ma non il primo comma, in base al quale la sentenza “e' resa pubblica” mediante il deposito. Si e' cosi' rilevato che la pubblicita' non e' elemento necessario della fattispecie e che anche per i lodi in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (v. art. 241, comma 9, del codice dei contratti pubblici, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) il deposito nella cancelleria del Tribunale non e' necessario. In mancanza di previsione normativa in tal senso, non presente neppure nel Codice, non si e' quindi ravvisato alcun elemento utile ad attribuire al deposito del lodo presso la Camera arbitrale (considerando, tra l’altro, che quello presso la cancelleria del Tribunale e' solo eventuale) un’efficacia analoga a quella del deposito della sentenza previsto dal citato art. 133, comma 1, c.p.c., ai sensi del quale “la sentenza e' resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata”, ne', del resto, si sono rinvenute opinioni o decisioni che consentano di ritenere che tra i principi del giusto processo ex art. 6 della Corte EDU quello della pubblicita' sia inderogabilmente riferito anche al lodo. Sulla base delle suesposte considerazioni (fermo il regime di accessibilita' degli atti per chi ne abbia interesse, come puntualmente richiesto dalla giurisprudenza amministrativa in materia) appare necessario chiedersi se drastiche decisioni in tema di pubblicita' non rischino – anche a prescindere da cio' che attiene alle aspettative delle parti – di risultare in contrasto con il citato principio di proporzionalita' di cui alle fonti dell’ordinamento comunitario ed interno che lo richiamano e ad esso si informano (alla luce dell’art. 8 della Corte EDU). In quest’ordine di idee si e' ricordato come l’Autorita' abbia segnalato anche per le sentenze di legittimita', pubbliche e con funzioni nomofilattiche, l’esigenza di bilanciare le finalita' di promozione della conoscenza, da parte dei cittadini, delle decisioni della Corte di Cassazione con quella di rispettare la sfera privata delle persone interessate, anche alla luce dei rischi connessi alla loro indiscriminata accessibilita' via web, indicati dalla sentenza della CGUE del 13 maggio 2014, in C-131/12 (Google Spain), quali quelli di indicizzazione, decontestualizzazione, finanche alterazione dei dati stessi. Pertanto, riscontrandosi una specifica e puntuale disciplina legislativa del regime di formazione e pubblicita' degli atti in parola, si e' concluso che la finalita' di informazione giuridica, sia attraverso la pubblicazione, nel sito internet dell’Anac, del testo integrale dei lodi arbitrali, sia attraverso la consegna di copie dei medesimi a soggetti terzi, potra' legittimamente svolgersi, in applicazione del richiamato principio di proporzionalita', previo oscuramento dei dati che consentano di individuare le persone coinvolte, dovendosi considerare nel lodo arbitrale quali interessati - sotto questo profilo - tutti coloro i quali sono menzionati nel lodo e non solo coloro per i quali esso ha efficacia.

Anche nel 2016 sono giunte all’Autorita' segnalazioni riguardanti il regime di pubblicita' nell’ambito dei procedimenti di espropriazione forzata introdotto dalla riforma del processo esecutivo (d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 maggio 2005, n. 80), che prevede la pubblicazione in appositi siti internet di copia dell’ordinanza del giudice che dispone sulla vendita forzata e della relazione di stima dei beni da espropriare. Al riguardo, l’Autorita' ha richiamato l’attenzione delle competenti autorita' giudiziarie sulla necessita' di rispettare la normativa in materia di protezione dei dati personali e le prescrizioni di cui agli artt. 174, comma 9, del Codice e 490, comma 3, c.p.c. al fine di assicurare la piena tutela dei diritti dei debitori sottoposti all’esecuzione, omettendo l’indicazione del debitore e di eventuali terzi estranei alla procedura dagli avvisi d’asta, estendendo tale omissione anche alla documentazione allegata ai predetti avvisi (v. al riguardo provv. 7 febbraio 2008, doc. web n. 1490838).

Con riferimento a segnalazioni relative a trattamenti di dati personali nel corso di procedimenti giudiziari, il Garante, nel ricordare che l’art. 24, comma 1, lett. f ), del Codice consente il trattamento di dati personali senza consenso laddove indispensabile per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, ha confermato che spetta al giudice adito, se ritualmente richiesto, la competenza a valutare la liceita' del trattamento dei dati personali (art. 160, comma 6, del Codice) (in particolare note 20 maggio e 9 novembre 2016).

In un altro caso, invece, essendo stata interessata la Procura della Repubblica, l’Autorita' ha rappresentato che l’impossibilita' di interferire con l’attivita' dell’autorita' giudiziaria, dotata di poteri di accertamento ben piu' incisivi di quelli spettanti al Garante, rende, nei fatti, inattuabili gli accertamenti da parte dell’Autorita', indispensabili per assumere le determinazioni di competenza. Del resto, le verifiche che spettano all’Autorita' possono risultare condizionate anche all’esito dell’esposto, quanto meno in ordine all’accertamento dei fatti. Ove perdurasse l’interesse alle determinazioni dell’Autorita', si e' chiesto pertanto all’interessato di dare notizia dell’esito del procedimento civile e della querela dallo stesso presentata, per consentire di valutare se residuino margini per le decisioni di competenza dell’Autorita' medesima (nota 4 aprile 2016).

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